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Paolo Calaresu 23 gennaio 2006
Sergio e Lorenzo Bolgeri, artisti della decorazione ad Alghero
Comincia nella bottega artigiana di Sergio Bolgeri e del padre Lorenzo, un viaggio attraverso i mestieri con valenza artistica, che pian piano rischiano di scomparire e che Alguer.it intende proporre all’attenzione dei suoi lettori


ALGHERO - Sergio Bolgeri, persona davvero singolare, ha imparato dal padre Lorenzo, che trasferitosi da Torino ad Alghero nel 1929, portò con sé anche l’esperienza e la professionalità di un “mestiere” sconosciuto in Sardegna, un’arte particolare qual’è la decorazione pittorica, con le varie tecniche, dall’affresco, al graffito, la tempera e tante altre ancora. Lorenzo Bolgeri ha intrapreso il mestiere di decoratore fin da piccolo. Allievo del grande maestro Rigorina, ha lavorato nella sontuosa villa a Stupinigi, (conosciuta di recente dal gran pubblico nello sceneggiato televisivo “Elisa di Rivombrosa”) e in numerose chiese e palazzi di prestigio. Nel 1929 si trasferì a Sassari per eseguire alcuni lavori commissionati alla ditta torinese per la quale lavorava e ben presto preferì spostarsi ad Alghero, affascinato dalla città catalana. Suo figlio Sergio iniziò subito a seguirlo nei lavori e conseguita la licenza media si trovò al fianco di suo padre.

Sergio Bolgeri è uno dei talenti sardi maggiormente conosciuti, per via delle sue numerose attività di pittore, decoratore, restauratore e scrittore. L’artista algherese, le cui mostre personali e collettive sono note a molti collezionisti isolani e della penisola è anche autore dei libri di poesie: “Quando verrà l’autunno”, “Poesie per un sogno”, e poi ancora “Poesie per te” e “I sogni della luna”. Ha pubblicato anche racconti, “Storie di un tempo senza tempo”, “Tre storie diverse”, “Racconti e...e altri racconti”, per arrivare all’ultima recensione del dicembre 2005 (edita come buona parte delle altre da “Edizioni del Sole”), “Il violino e la tempesta”, libretto dal formato insolito con una singolare rilegatura. I suoi versi sono stati letti al Salone del Libro di Torino e in una manifestazione culturale tenuta a Calvi in Corsica. Ha pubblicato numerosi elzeviri su “Salpare”, il periodico di cultura della Nemapress. Partecipa nel programma Rai Educational “La storia siamo noi”.

Quando si è reso conto che questa attività lavorativa non l’avrebbe più abbandonata?
«Con molta sincerità devo dire che l’attività lavorativa iniziata all’ombra di mio padre, in un primo momento non fu per me motivo di entusiasmo: avrei preferito continuare gli studi.
Le cose dopo cambiarono e incominciai ad amare questo mestiere, pur conoscendo negli anni 50’ il malinteso con gli architetti che, per un´opinabile scuola di pensiero, interposero lo stile moderno cancellando qualsiasi traccia del trascorso. Il resto della mia storia professionale e cosa di tutti i giorni, fatta di piccole soddisfazioni, con lavori di una certa rilevanza, in un ambiente lavorativo molto selettivo, aiutato da mio figlio Renzo».

Quanto ha inciso la scuola di suo padre?
«Tantissimo, è stata fondamentale. Fin da bambino mi esercitavo anche otto ore in un giorno nel disegno e nella pittura, non m´importava se il disegno dovesse più volte essere rivisto, dovevo raggiungere lo scopo che mi ero prefissato. Mio padre mi ha insegnato questo affascinante mestiere in tutte le sue forme e la stessa cosa ho fatto io con mio figlio Lorenzo».

Quale sostanziale differenza ha secondo lei un artista da un artigiano?
«Gli artisti non li conosco, posso però distinguere un pittore da uno che fa quadri. La qualità sfugge, la gente vuole riconoscere quello che conosce, se uno fa qualcosa che non è riconoscibile, lo fa sotto la sua responsabilità».

Sappiamo che lei, profondamente legato all’opera artistica paterna, ha allestito in passato, mostre retrospettive; quando pensa di proporne una prossima? Magari anche assieme alle opere di suo figlio Renzo, seguendo un filo ideale fra il Bolgeri del passato e il Bolgeri del presente.
«Questa mostra era prevista nel maggio scorso (2005), con i lavori di mio padre, di mio figlio Lorenzo e i miei, continuando la tradizione di famiglia. Purtroppo ho dovuto rimandarla per mancanza del permesso d´utilizzo delle sale del Caval Marì. Questa mostra didattica doveva far conoscere quegli aspetti molto cari a me al mio modo di vedere le cose, in cui nulla nasce dal nulla ma legato ad una esperienza. Ora sto cercando di ottenere il permesso per allestire la mostra per il maggio prossimo (2006) sempre nel locale Caval Marì».

Nella sua bottega artigiana è aiutato da suo figlio Lorenzo, una storia che continua dunque, tramandandosi ancora da padre in figlio; quali possibilità ha ancora questo particolare mestiere di sopravvivere?
«Questo mestiere è affidato alla gente della mia età e non è mestiere della tradizione sarda, tuttavia spero mio figlio Lorenzo continui l’attività con il mio insegnamento».

Da questa cordiale chiacchierata con Sergio Bolgeri, emerge un uomo di grande cultura, oltre che artista poliedrico, pragmatico nel suo lavoro e nel modo di vedere le cose. La capacità di scavare nella sua anima, attraverso i suoi versi poetici e nei suoi racconti, è la continuazione di quello che lui trasferisce nelle sue opere pittoriche, dove traspare molto spesso la sua malinconia. Un uomo libero a tutti gli effetti, non contaminabile, è portatore di un dono raro: l’umiltà.

Nella foto da sinistra: Lorenzo e Sergio Bolgeri
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