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A.B. 20 maggio 2009
Novecento: Arte pubblica in primo piano
Per il quarto appuntamento della manifestazione organizzato dal Fai, l’ospite è Gabi Scardi


SASSARI – Domani, giovedì 21 maggio, nella sala conferenze della Camera di Commercio, prenderà il via il quarto appuntamento con la rassegna “Novecento e oltre”, organizzato dal “Fai” e dalla Scuola di dottorato in scienze e sistemi culturali dell’Università degli Studi di Sassari. Ad affrontare uno dei temi più attuali nel dibattito sull’arte contemporanea. sarà Gabi Scardi storica dell’arte, critica e curatrice con la conversazione dal titolo “L’opera come motore di trasformazione sociale”.

«La public art è una delle tendenze più feconde dell’arte contemporanea - dice Scardi - perché permette agli artisti di uscire dagli spazi deputati per interagire con la vita quotidiana pronunciandosi su questioni di interesse più generale e rientrare così nella sfera sociale, accollandosene molto spesso le responsabilità. La città, il territorio, sono scenari in continua trasformazione. L’arte ha sempre costituito uno degli esiti, ma anche uno dei motori fondamentali di questa trasformazione».

Scardi ha insegnato Storia dell’Arte all’Università Bocconi “Cleac” ed all’Università dell’Immagine e Storia dell’Arte Pubblica alla Nuova Accademia di Belle Arti a Milano. Attualmente tiene il corso di Cultura e Interventi Urbani all’Accademia di Brera, ha fatto parte della Commissione per il rilancio della committenza pubblica per l’arte nella città di Grenoble ed oggi è membro della Commissione scientifica per l’arte contemporanea della Provincia di Milano. Collabora con l’inserto domenicale de “Il Sole 24 ore” e con altre testate nazionali ed internazionali.

Negli ultimi anni, la sua ricerca si focalizza principalmente sulle pratiche artistiche pubbliche e partecipative. «Credo che uno dei problemi dell’arte del Novecento sia stato il riferirsi troppo a se stessa e alla propria storia - conclude Scardi - La comunità artistica è andata allentando in molti casi il contatto con il pubblico e con le questioni e le preoccupazioni di cui vive invece il resto del mondo, sino a giungere ad un isolamento, spesso compiaciuto, in una sorta di mondo a statuto speciale. Anche per questo ho cominciato ad interessarmi sempre più ad artisti che assumevano un atteggiamento interlocutorio rispetto all’esterno, che lavoravano con e per il pubblico».
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