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Sara Alivesi 12 novembre 2008
Roberta Filippelli: l´artista algherese si racconta
L’artista algherese è in questi giorni impegnata con il lungo viaggio della rassegna di arte contemporanea al "Blueblauerspazioarte"


ALGHERO - Tra sogni, metafore, allegre visioni e colori, si sta concludendo il lungo viaggio della rassegna di arte contemporanea “Frottole”. La manifestazione artistica è stata fortemente voluta dall’artista algherese Roberta Filippelli (nella foto), insieme curatrice ed espositrice. In questi giorni, infatti, nel "Blueblauerspazioarte" sarà possibile visitare la sua mostra personale “umido sacchetto”.

Il titolo insolito che richiama i nuovi temi legati alla raccolta differenziata si accompagna alla figura di zia Stella che Roberta ha colto nella sua elegante naturalezza. Le rughe armoniche, traccia degli anni che passano ma gentilmente, la femminilità senza tempo, le immagini pulite e naturali, sono le caratteristiche che colpiscono delle foto dell’artista algherese, autodidatta in questo nuovo campo che gli ha già dato grandi soddisfazioni, prima fra tutte il primo premio di un concorso indetto dalla Regione Sarda, nella sezione dedicata alla fotografia.

Com’è andata l’esperienza di “Frottole”?

«Nel complesso è andata molto bene. Anche se l’arte contemporanea rimane sempre per pochi, sono comunque molto contenta di questa operazione che mi ha permesso di conoscere e confrontarmi con persone interessanti come Manuela Gandini e tutti gli artisti che hanno partecipato».

Come sono i rapporti tra gli artisti sardi?

«Molti artisti sardi, perlomeno i più bravi sono andati fuori. E’ un ambiente un po’sparso, non esiste un clima di grande condivisione e collaborazione».

Quando hai capito di essere un’artista?

«Da piccola volevo fare l’hostess e ho studiato all’Istituto Alberghiero. La mia, quindi, non è stata una formazione artistica classica. Non ho fatto l’Accademia perché non ho voluto nessun tipo di contaminazione, all’inizio volevo sentirmi libera di realizzare quello che più mi piaceva in totale libertà. Tutto questo è stato molto positivo per me, mi ha fatto spaziare in una ricerca del tutto personale. Poi è iniziata questa voglia di confrontarmi con gli altri, di organizzare rassegne».

Raccontaci un po’ la tua ricerca

« La mia ricerca è iniziata nel mondo sommerso e i suoi elementi, simboli di purificazione e cristianità, sperimentando materiali diversi. Ho raccontato storie di pesci; con la sirenetta, personaggio vettoriale ho fatto un viaggio nell’arte contemporanea; con l’umido sacchetto ho sperimentato la fotografia come mezzo per raccontare una giornata al mare con zia Stella alle prese con i rifiuti. Nel mio lavoro c’è sempre un ritorno alle origini, al mare, all’acqua. Probabilmente c’è un attaccamento alla mia città più forte di quello che mi sarei aspettata e che è cresciuto negli anni ».

E’ difficile portare una rassegna di arte contemporanea ad Alghero?

«Non è sicuramente facile. E’ un tentativo coraggioso di aprire gli orizzonti a linguaggi diversi e vedere cosa succede, anche perché in Sardegna, mancando il sistema dell’arte e i collezionisti, non è facile vendere. Queste operazioni culturali sono sostenute principalmente dall’amministrazione comunale che ringrazio per la fiducia dimostrata verso le mie iniziative, ma anche la Banca Intesa, il Consorzio Turistico Riviera del Corallo, la Provincia di Sassari, il Poco Loco, Magica e la Società Umanitaria con la quale abbiamo organizzato la rassegna di cinema. Speriamo di poterne realizzare altre perchè si è creato un ambiente molto carino, nonostante gli spazi limitati erano molte le persone che si sono appassionate film dopo film».

C’è un’artista della rassegna che ti ha colpito particolarmente?

«Mi è piaciuto molto il video dei due artisti giapponesi che hanno aperto la rassegna, mi ha davvero colpito nelle corde. Poi artisti bravi ce ne sono stati tanti, le foto di Moreno Gentili, il video interattivo di Ennio Bertrand, i fragili sostegni di Gianni Nieddu,
la strana classe di Nilla Idili, i buchi di Marcello Cinque, i peli di Giorgio Urgeghe, il campo di Calcio di Carlo Lauricella, cappuccetto rosso cuore nero di Silvia Argiolas, molto divertenti le mostre di Gianfranco Setzu e di Loredana Galante, forte il lavoro sulla chirurgia plastica di Hinkiung Hwang. Non ci sono stati lavori deboli, tutte le mostre erano interessanti».

Com’è stata la collaborazione con "art cook" e "art wine"?

«E’ stato molto interessante creare contaminazioni con la gastronomia e l’enologia. La sezione wine art “ Il vino come momento culturale” con le cantine s. maria la Palma, tenute Olbios, Feudi S. gregorio, Mancini, e i sommelier della f.i.s.a.r. La sezione art cook “ Il riso abbocca sulla bocca dei golosi” con gli chef dei ristoranti Angedras, Il Refettorio, kò de kàp, Vice Re, i gourmet Lumi, Angiola di S.Elia Mariel Kio, che hanno creato piatti a base di riso sul tema delle frottole . L’ultimo è stato Giovanni Fancello, un gastronomo a 360° che insieme a Stefano Pinna ha presenziato alla serata e ha realizzato torte di riso di forme diverse ».

Qual è il significato di “frottole”?

«Lo spot è : “ stop alla drammaticità e ai pugni allo stomaco, spazio alle frottole” che equivale a giocosa, maliarda, ironica, crudele, violenta…etc……. L’arte spesso e volentieri vive il proprio tempo, e ora si vive in tempi drammatici. L’artista in questo senso prende e racconta delle cose che sono anche abbastanza forti da vedere. Io avevo voglia di qualcosa di più leggero, ho sempre lavorato sulla leggerezza. Ci sono diversi modi di raccontare, c’è la pugnalata allo stomaco oppure c’è quella cosa alla quale arrivi dopo, più gradatamente. C’è un’artista coreano-giapponese Nam June Paik che amo molto che identifica l’arte con l’ironia, “ l’arte deve offrire gioia, riso, divertimento, gag ” e io condivido appieno questa visione».

In che modo Roberta Filippelli fa sognare?

«Nel mio viaggio nel mondo sommerso penso di aver trasmesso , la leggerezza con i pesci e la gioia con la sirenetta.L’ultimo lavoro nasce casualmente. Avevo qualcosa in mente che fosse legato in qualche modo alla raccolta differenziata. Così, un giorno mentre lavavo i piatti, sarà strano ma questa banale attività quotidiana mi ha sempre ispirato, mi sono soffermata sull’umido sacchetto. Allora ho iniziato a fare delle foto al mio sacchetto dei rifiuti, risultato troppo patinato e glamour. Poi, si è aggiunta la possibilità di partecipare ad un concorso di fotografia. Altrettanto casualmente un giorno sono andata verso il Lungomare a fare delle foto e ho incontrato mia zia Stella. Mi è cresciuta la voglia di fotografarla e la sua immagine raccogliendo i rifiuti ha come chiuso il cerchio. Così mi sono convinta, a partecipare al concorso "visioni sulla costa della Regione Sardegna", riuscendo poi a vincere il primo premio della sezione dedicata alla fotografia».

I tuoi progetti futuri?

«Mi piacerebbe portare questa mostra anche fuori dai confini sardi. La prima esperienza da fotografa è stata positiva e ho voglia di continuare questo percorso. Poi ho sempre mille idee, speriamo di realizzarne anche solo una parte!»
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