Lo sportivo della settimana è Pupo Sechi:dopo 9 anni di stop, torna all’agonismo per tentare di evitare la retrocessione del Tc Alghero in serie D. Vince il suo singolare e il doppio, in coppia con Mario Musu, tenendo accesa la fiammella della speranza per il ritorno
ALGHERO - Giovanni Sechi, o Pupo com’è conosciuto dai più, è uno dei simboli della racchetta algherese. Una laurea in medicina, 39 anni di età e da quasi 30, componente attivo del Tennis Club Alghero. La sua miglior classifica nazionale è stata C3. Ha una vasta esperienza in tornei di serie B nazionale, ha vinto vari tornei nella categoria Nc, la coppa Italia regionale 1992/93 (partecipando poi alla fase nazionale), lo stesso trofeo nel 1994/95 e la fase nazionale del campionato riservato ai C3/C4 nel 1996. E’ stato per anni campione sociale del circolo, praticamente l’investitura di miglior tennista locale. Non praticava il tennis a livello agonistico dal 1996 per problemi di lavoro, ma al suo rientro, domenica scorsa, ha dimostrato che la classe non è acqua, battendo proprio quel Stefano Marcia che tante volte era stato suo avversario un decennio fa.
Hai iniziato a praticare tennis sin da bambino. Come mai la scelta di questa disciplina?
«I miei fratelli maggiori, Andrea (attuale presidente del Tc Alghero), Bibo e mia sorella Renata, giocavano a tennis. Io, che sono il più piccolo, ho seguito l’esempio. Sono arrivato sui campi da tennis a 10 anni ed ormai mi posso considerare legato al 100percento col Tc Alghero, prima come atleta e poi come dirigente».
Perché oggi consiglieresti questo sport ad un bambino di 10 anni?
«Perché è uno sport completo. Unisce doti tecniche, atletiche, psichiche e agonistiche. Senza anche una sola di queste caratteristiche rischi di perdere la partita, quindi ogni giorno ti insegna a progredire in tutti questi campi. Cresce l’autostima, perché le vittorie sono quasi sempre individuali. Magari manca un po’ lo spirito di squadra, che torna però fortissimo nelle competizioni a squadre e nella specialità del doppio. Certo, la vittoria di una squadra non ti soddisfa come quelle individuali. Poi, soprattutto a livello fisico da una completezza. Le crescite squilibrate che si paventavano decenni fa non esistono, anche perché i bambini che fanno scuola tennis, vengono seguiti da un istruttore di educazione fisica che li fa lavorare su tutti i muscoli del corpo, per una crescita armonica. Poi c’è da aggiungere che il tennis non è più lo sport elitario di una volta. Ora costa meno di tanti altri. Poi si fa all’aria aperta ed in spazi accoglienti per l’intera famiglia che vuole passare, magari, una domenica sana».
Con la variegata offerta di discipline sportive, non è certo semplice invogliare un bambino a scegliere proprio il tennis e poi formare una buona squadra, dalla scuola tennis alla serie C…
«Certo. Da sempre paghiamo la concorrenza spietata del calcio, che ci strappa spesso qualche talento in campo maschile. Questo succede meno nel settore femminile. Il nostro circolo continua comunque a seguire la politica di valorizzazione dei nostri giovani, senza ricorrere all’acquisto di giocatori esterni, come succede i tanti altri circoli».
Hai mai pensato che avresti potuto raggiungere migliori risultati non fermandoti?
«Penso di no. Mi sono fermato alla soglia dei trent’anni, quando avevo ormai già dato il meglio d me».
Come mai hai deciso, dopo nove anni, di tornare in campo nella gara di domenica scorsa?
«Se sono sceso in campo è stato soprattutto grazie alle pressioni di Antonio Porcu (responsabile del settore agonistico), che voleva dare nuovi stimoli alla squadra in un momento di bisogno. Ho dato certamente una mano sul piano dell’esperienza».
Un pronostico per la gara di ritorno?
«E’ dura. Non la vedo bene. Si poteva avere una speranza non perdendo qui l’andata. Ma non disperiamo di poterci salvare nell’ultimo incontro contro la perdente dell’altra sfida, probabilmente Serramanna. Sicuramente non lasceremo niente di intentato».
nella foto il tennista Pupo Sechi durante la gara di domenica scorsa
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